Negli ultimi vent'anni si è assistito a un incremento del ricorso alla chirurgia protesica: in Italia sono circa 100.000 ogni anno le protesi d'anca impiantate, secondo i dati della Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia.
Lo sviluppo di tecniche sempre più mininvasive e l'utilizzo di
materiali evoluti e duraturi consentono di intervenire con ottimi risultati ad esempio anche su pazienti giovani, sportivi, obesi che possono avere necessità di interventi di protesizzazione per
risolvere danni derivati da traumi o da patologie.
In particolare, il dottor Davide Paratore specialista in
Ortopedia e Traumatologia all’
Ospedale Cortina accreditato SSN, insieme alla sua équipe, esegue interventi di artroprotesizzazione dell'anca
con accesso mininvasivo anteriore (AMIS - Anterior Minimally Invasive Surgery).
Questa metodica – spiega il dottore – ha notevoli
vantaggi:
preserva i tessuti molli (muscoli e tendini) del paziente con un minor impatto a livello anatomico, perché non vengono sezionati e col tempo non vanno incontro a degenerazione. Inoltre
i tempi di recupero sono molto più rapidi e con un
minor dolore post-operatorio. Comporta anche
una sensibile riduzione delle perdite ematiche durante l'intervento e, abbinando l'emo-recupero intraoperatorio, ossia il recupero del sangue disperso nel corso dell’intervento, poi nuovamente trasfuso,
si riducono al minimo i casi che necessitano di emotrasfusioni.
Tra i tanti pazienti trattati grazie a questa tecnica innovativa e mininvasiva, il dottor Paratore porta l’esempio di un giovane di 33 anni con esiti di artrite settica, infiammazione articolare provocata da un batterio o virus, all'anca sinistra, insorta all'età di 13 anni che gli ha causato una dismetria (lunghezza differente degli arti) di circa 3 cm. Questa patologia contratta in età adolescenziale ha portato negli anni seguenti all’inevitabile sviluppo di un’
artrosi precoce che c
omprometteva, in maniera assai rilevante, la deambulazione, con gravi ripercussioni sia sulla vita lavorativa sia di relazione.
Qual è il percorso diagnostico e la procedura chirurgica
Dopo aver effettuato una scintigrafia con leucociti marcati, indagine diagnostica utilizzata per escludere l’eventuale presenza di focolai infetti nell’organismo,sono stati eseguiti, esami di laboratorio pre e post intervento e la TC pre-operatoria, per poter stabilire, a priori e sulla base dell’entità del danno articolare, la modalità chirurgica più indicata. Alle immagini diagnostiche, l’articolazione, appariva notevolmente compromessa anche a causa della degenerazione dei tessuti molli circostanti pertanto, con l'equipe, si è optato per un intervento di artroprotesizzazione dell'anca con accesso mininvasivo anteriore.
La tecnica, si contraddistingue dal fatto che la protesi viene inserita attraverso un accesso chirurgico di circa 8 cm, anteriormente alla coscia, “ via chirurgica anteriore”, sfruttando un intervallo naturale esistente tra le masse muscolari e un approccio articolare quasi diretto, senza sezione delle strutture tendinee e muscolari che vengono divaricate con un particolare dispositivo di trazione e uno strumentario dedicato.
Questa procedura chirurgica, che dura in media 50 minuti, è indicata nella maggior parte dei casi di coxartrosi nonché nelle revisioni e nelle fratture che richiedono una protesizzazione d'anca.
Che tipologia di protesi si utilizzano e come si recupera dopo l’intervento
Le protesi impiantate sono realizzate in titanio rivestito di idrossiapatite - materiale che consente una completa integrazione della protesi con l'osso - e le superfici articolari sono realizzate in ceramica ad alta resistenza, in alcuni casi la parte acetabolare (del bacino) viene rivestita in polietilene.
"Grazie a questa metodica all’avanguardia - conclude il dottor Paratore - il paziente ha riacquistato, da subito, gran parte dell'articolarità e una sensibile riduzione della dismetria, e ha iniziato a deambulare, con gradualità, dal giorno successivo all’intervento.
Normalmente, infatti, la rieducazione motoria e funzionale post-chirurgica, inizia il giorno successivo all’intervento ed è affidata ai Fisioterapisti della Medicina fisica e Riabilitazione che guidano i pazienti nella corretta deambulazione per evitare movimenti a rischio nel primo periodo e per il recupero muscolare. La ripresa fisiologica dell’articolazione, a distanza di 1-2 mesi dall’intervento, ha permesso al paziente di tornare a svolgere le proprie attività quotidiane nel progressivo recupero di autonomia e funzionalità, al fine di un ritorno, anche, alla vita di relazione e lavorativa."