Gli approcci mininvasivi sono utilizzati per trattare diverse patologie nelle varie branche della chirurgia: gli ottimi risultati ottenuti con
accessi mininvasivi nelle protesi monocompartimentali di ginocchio senza l’eversione della rotula, a partire dalla fine degli anni ’90, e nelle artroprotesi di anca hanno dimostrato un
più rapido recupero funzionale nel paziente e aperto la strada allo sviluppo della tecnica con il relativo strumentario nell’
artroprotesi totale di anca, di ginocchio e di spalla.
Di questa applicazione della chirurgia mininvasiva abbiamo chiesto al
Dott. Vito Nicola Galante, dell’U.O. di
Ortopedia e Traumatologia del
D’Amore Hospital di Taranto.
Chirurgia mininvasiva: cos’è
La
chirurgia mininvasiva, o laparoscopia, è un
approccio chirurgico che, tramite tecniche e strumentazioni apposite, prevede di intervenire
riducendo al minimo i traumi e, di conseguenza, i tempi di recupero del paziente. In particolare, il suo scopo è:
- limitare il danno sulle parti molli;
- ridurre le perdite ematiche;
- ridurre il dolore post-operatorio;
- accelerare i tempi di recupero;
- ridurre i tempi di ospedalizzazione;
- diminuire il danno estetico.
Chirurgia mininvasiva nella protesica di anca, ginocchio e spalla
La
tecnica chirurgica mininvasiva può essere applicata con successo nella
protesica di anca, ginocchio e spalla. La qualità dei risultati dipende in particolar modo da un’
accurata selezione dei pazienti. L’approccio mininvasivo nella chirurgia protesica può essere applicato nella maggior parte dei casi.
Non è, però, adatto:
- in pazienti che presentano compromissione delle parti molli (pazienti affetti da artrite reumatoide o altre artriti infiammatorie, pazienti con diabete scompensato, pazienti che assumono cronicamente steroidi, pazienti che hanno precedenti cicatrici cutanee);
- in pazienti che hanno gravi deformità articolari (in quanto le gravi deformità o le limitazioni dell’articolarità richiedono un’ampia dissezione e release dei tessuti molli per correggere le deformità);
- per pazienti obesi;
- in pazienti muscolosi.
Cicatrice e riduzione del danno tissutale
La
dimensione della cicatrice nella
protesica di anca, ginocchio e spalla è di 10 cm circa e
dipende da:
- costituzione del paziente (se la corporatura è grande, necessita di una protesi di taglia superiore e per impiantarla è opportuna un’incisione di dimensione maggiore);
- lunghezza del tendine rotuleo per le protesi di ginocchio (Scuderi et al [2004] hanno notato che un tendine rotuleo breve richiede un’incisione cutanea e un’artrotomia più ampia, perché vi è maggior difficoltà nel sublussare lateralmente la rotula senza comprometterne l’inserzione sulla tuberosità tibiale);
- habitus (pazienti muscolosi e pazienti obesi necessitano di una cicatrice chirurgica più ampia).
La riduzione della dimensione della cicatrice chirurgica diminuisce sicuramente il danno estetico, ma questo aspetto, per la riuscita dell’intervento, è meno importante della
riduzione del danno tissutale che ne consegue. Oggi si parla sempre di più di
Tissue Sparing Surgery (letteralmente “chirurgia a risparmio tissutale”), che si contraddistingue per incisioni chirurgiche più contenute: a essere ricercato dal chirurgo, però, è soprattutto il
risparmio dei tessuti nobili (muscoli, tendini, capsula, osso).
Riducendo il danno tissutale è possibile:
- la riduzione delle perdite ematiche;
- una riduzione del dolore post-operatorio;
- un decorso post-operatorio più rapido.
Presso l’U.O. di Ortopedia e Traumatologia del D’Amore Hospital di Taranto viene utilizzato l’approccio denominato
“Fast Track” (“percorso rapido”, dall’inglese). Si tratta di una modalità integrata, che coinvolge un’
équipe multidisciplinare formata da chirurghi, anestesisti e fisioterapisti prima, durante e dopo l’operazione. Lo scopo è quello di velocizzare il recupero del paziente e ridurre al minimo il dolore dopo l’intervento e il rischio di trombosi.
Fast Track: tempi di degenza e ripresa funzionale
Il
Fast Track riduce notevolmente i
tempi di degenza, che si attestano a
3-4 giorni, dimezzati rispetto all’intervento di chirurgia protesica tradizionale (7-8 giorni). La ripresa funzionale è precoce. A distanza di poche ore dall’intervento (o il giorno seguente), il paziente viene fatto alzare dal letto per deambulare con le stampelle, assistito dal chirurgo e dal fisioterapista. Il protocollo riabilitativo prevede la deambulazione con doppio appoggio per 10 giorni, con un solo appoggio per altri 10 giorni e successivamente a carico libero. I tempi possono essere ulteriormente ridotti se il paziente è collaborante.
Grazie a un
percorso riabilitativo personalizzato, il paziente può
riprendere le normali attività quotidiane dopo 2-4 settimane dall’intervento chirurgico, tornare al lavoro o guidare dopo 4-6 settimane e ricominciare a fare attività sportiva dopo 3-4 mesi circa. Potenzialmente, il paziente è in grado di riprendere qualsiasi tipo di sport, ma è comunque consigliabile, per preservare una maggior durata dell’impianto protesico negli anni, evitare gli sport ad alto impatto come calcio, basket, hockey.
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